Racconti sulla Luna #4 – La Luna sulla scatola dei Masters
Il punto è che non era la luna. Cioè, lo era, in un certo senso. Se ne stava lì, ai margini dell’illustrazione sulla scatola di un pupazzo dei Masters, quelli di He-Man, o forse su uno dei mini fumetti che trovavi nelle loro confezioni. Forse era addirittura un altro giocattolo, tipo quegli altri tizi che cavalcano insetti giganti, il nome adesso non mi viene ma sono certo che pure loro avevano il fumetto in omaggio. Insomma, dove l’ho vista non mi ricordo bene, non è che uno si ammazza di canne con una dedizione granitica per anni e pretende pure di tenersi proprio tutto in mente. Il punto è che c’era questa luna che faceva da sfondo a un paesaggio sword & sorcery, con due fazioni che si crepavano di mazzate su un pianeta arido e polveroso. Era una luna pallida, di un colore che non era il suo, forse buttava sul viola ma non ci giurerei, con tutti i mari e i crateri che si distinguevano nettamente, forse l’illustratore li aveva esagerati apposta.
Fatto sta che certe notti d’estate, sul poggiolo della mia vecchia casa, con le piastrelle di quella consistenza tipo mattone levigato che ti sporcavano i piedi all’istante, io guardavo la luna piena con gli schiocchi delle bocce che si scontravano l’una contro l’altra in sottofondo, vivevo sopra una Casa del Popolo con tanto di bocciofila, mio nonno era un drago a bocce, beh insomma io guardavo ‘sta luna bianca e pensavo che assomigliava a quella che vedevo sulla scatola del pupazzo dei Masters, o di quegli altri che cavalcavano gli insetti, ma era più banale, quasi se fosse quella sulla mia testa, la copia, e copiata pure male. A me piaceva di un altro colore, con intorno quei personaggi assurdi, strani forte, che secondo me chi li ha inventati calava qualcosa di forte perché erano tanto psichedelici, ma allora non lo capivo però mi acchiappavano un sacco. E mi acchiappavano le copertine degli Urania, che pure avevano una grafica della madonna intorno all’illustrazione, e quel modo che aveva Karel Thole di dipingere le lune e lasciarle a metà, sempre con colori assurdi. E allora niente, per me vengono prima le lune di carta. Non è che non apprezzi quella vera, ma quelle altre mi hanno rapito molto prima, tutto lì.
Gli Urania li leggo ancora, a trentotto anni però con i Masters non gioco più. Nemmeno con quegli altri, che adesso mi viene in mente il loro nome, Sectaurs. Che nome del cazzo, Sectaurs, certo che uno se lo dimentica, altro che dar colpa alle canne.
Stefano Tevini