Racconti sulla Luna #3 – Moonstruck
Sono nata il 25 giugno 1973, di lunedì, all’una. E la luna è sempre stata il mio pallone personale. Ho preteso di essere lunatica, come fosse un mio destino, un diritto. Ho passato l’infanzia in contemplazione, l’adolescenza a cercare un senso di appartenenza. Ogni appiglio era buono per sentirsi speciale.
New moon on Monday era un brano dei Duran Duran. Suggestivo, per la ragazzina che ero. Quando dicevano “La Luna” mi riempivo di orgoglio e lo consideravo un omaggio per pochi. L’ho rivisto oggi, per questa occasione, con quel brivido di tenerezza, misto tra perplessità e senso del ridicolo, necessario per affrontare vari aspetti di quegli anni.
Scopro che, nella trama del video, “La Luna” era un movimento di resistenza underground, contro un oppressivo regime militarista.
Ed è proprio la resistenza che adotta un simbolo dall’aria sinistra, mix tra SS e svastica. Audace. Perfino i Duran Duran lo ritengono il peggior video della band (ma poi hanno fatto Wild Boys, e fossi in loro farei un nuovo esame di coscienza…).
E’ stato nel 2001, in una vacanza in barca in Sardegna, il momento in cui ho visto davvero la luna. Fermi in una caletta, notte fonda, gli altri dentro a chiacchierare, io da sola a guardare e pensare. Sicuramente ero di pessimo umore. Ero nel pieno di qualcosa che non capivo, ma che di lì a qualche tempo, avrebbe stravolto la mia vita. Ricordo che mi sentivo circondata solo da mare e cielo, senza terra intorno, anche se è fisicamente impossibile, geograficamente proprio, non potevo essere così distante.
Però ero sola. Con lei che mi guardava. E lì le ho visto il volto. La pareidolia suprema.
E l’ho vista a lungo. E non mi è successo più.
Ho creduto di vedere la luna di Tonight, tonight degli Smashing Pumpkins, che poi è la stessa di Viaggio nella Luna, quella col razzo nell’occhio. Ma in entrambi i casi ricorda più una quattro formaggi calda e fumante.
Quella che ho visto io era diversa. Ma non l’ho vista più.
Poi ce n’è un’altra, gigante luna, che mi emoziona. La Luna di Cosmo. Forse è stato lì che ho capito che non è mia. Che la Luna è di tutti. Ho scelto la versione originale, perché il monologo finale è in italiano. Ed è bello pensare che in italiano il suo nome la racconta meglio, le si addice di più.
Francesca Lucarelli