L’irresistibile leggerezza della narrazione
Sul Corriere del Ticino il giornalista, fotografo e scrittore Roberto Cotroneo scrive una riflessione dal titolo ‘Quella insaziabile voglia di narrazione‘ con un sottotitolo che interessa molto per l’argomento che approfondiamo durante il Festival Potere alle Storie: la narrazione.
«L’evoluzione mediatica ha amplificato esponenzialmente il desiderio di creare e condividere delle storie. Un bisogno che ha finito per intaccare le nostre stesse esistenze modificando il nostro modo di agire, di immaginarci e addirittura di sognare».
Indaga a fondo, riflette, cerca di capire ponendo domande a cui dà risposte che possono soddisfare o no, ma invitano comunque al ragionamento. Una cosa soltanto, ci permettiamo di osservare, leggendo quanto scritto da Cotroneo. Raccontare storie è un bisogno insito nell’uomo, da ancora prima di avere un alfabeto per poterle trascrivere, per poter immaginare e immaginarsi immerso in spazi conosciuti o nuovi, in una nuova dimensione. Spesso l’uomo si ritrova a raccontare il proprio passato, per immaginare un futuro. La narrazione nasce per questo orale, con tutta la tecnicalità che ne consegue. E poi diventa scritta. L’industria culturale, dopo millenni da quando l’Iliade veniva raccontata in qualche focolare serale in Grecia, ha fatto di questo bisogno impellente un business. E come ogni business, anche quello narrativo tende ad arrivare ad una saturazione del mercato: per poi ritrovare un nuovo equilibrio e poi saturare di nuovo. E così via. Anche nel momento in cui dovesse finire questa ondata di narratività che ammanta tutto, come scrive Cotroneo, rimarrebbe la necessità dell’uomo di raccontare storie. Per immaginare la propria vita e quella degli altri. Per vivere, insomma.
Vi riportiamo una primissima parte dell’articolo, per poi rimandarvi sul Corriere del Ticino.
«È probabile che la recente crisi di governo italiana, con tutti gli strascichi che si porta dietro ancora in questi giorni, sia stata in un certo senso l’apoteosi della voglia di racconto e di narratività che ormai dilaga. Perché è indubbio che il raccontare non sia soltanto della letteratura e del cinema. Si definiscono «storie» quelle che ormai dilagano su Instagram, si chiamano storie i rapporti d’amore, anche quando magari sono tormentati e non sono così facilmente raccontabili. Sono storie le vicende umane e personali di ognuno di noi; e vanno narrate come storie le vicende di cronaca, il gossip, le glorie e le cadute di aziende, le carriere dei grandi manager. C’è più storia in questo nostro presente che dentro la Storia vera e propria, quella con la «S» maiuscola, quella che si studia a scuola. Come le nostre vite siano diventate letteratura è facile capirlo».